Oggi parliamo di accenti, in particolare degli accenti che si usano in spagnolo e in francese.

A scuola, così come nei vari corsi per adulti, soprattutto se di livelli iniziali si tratta, il mio suggerimento è sempre lo stesso: se vedete una parola con l’accento, imparate a scriverla esattamente com’è. Solitamente aggiungo anche: “è come se scriveste “libertà” senza accento, sarebbe un errore, giusto?”. Mi rendo, comunque, conto che la verità è ben più  complessa di come la dipingo io e che, forse, a volte sarebbe meglio conoscerla per digerirla meglio e capirne l’effettiva importanza e le mille sfaccettature che la compongono, e sono altrettanto consapevole del fatto che il mio è un tentativo di semplificazione che trova il tempo che trova, seppur fatto a fin di bene, se partiamo dal presupposto che, per capire e considerare davvero utili le regole degli accenti sia in francese che in spagnolo, bisogna capirne qualcosa di divisione in sillabe e non tutti siamo dei navigati linguisti, nemmeno i ragazzini freschi di elementari, figuriamoci chi è lontano dai banchi di scuola da molto tempo e non passa le giornate a scomporre parole. Parlare di divisione in sillabe, dunque, non è scontato per tutti e il rischio di rendere complicato qualcosa che potrebbe essere semplicemente accettato e interiorizzato per com’è, senza porsi troppe domande né star troppo a cercare il pelo nell’uovo, è evidente. Se, però, sei uno intrepido e curioso, che non teme la grammatica pura e pure un po’ pallosa, continua a leggere questo articolo: sono certa che, arrivato all’ultima parola, saprai dare un senso a tutto quello che scrivi e pronunci e imparerai a pronunciare o scrivere correttamente anche parole mai viste o sentite prima. Imparerai a riconoscere e conoscere un aspetto dell’apprendimento linguistico che, di solito, viene considerato secondario ma che secondario non è, ossia l’importanza di saper scrivere e saper leggere altrettanto bene: se voglio imparare bene una lingua straniera, mi pare evidente che debba anche dimostrare un certo dominio dell’ortografia e della pronuncia. Che ognuno trovi il suo metodo, per carità, non è questa la sede né è mia intenzione sindacare sul come uno arriva al risultato finale, l’importante è che scrivere e pronunciare bene le parole non sia solo il risultato fortuito e casuale di una roulette russa dal sapore linguistico, bensì il risultato di un metodo di apprendimento più o meno soggettivo e consolidato.

L’italiano, diciamocela tutta, ci ha un pochino viziati, dato che l’accento c’è ma non crea problemi giganteschi, poiché la presenza del simbolo grafico è obbligatoria solo in determinati casi e morta là, mentre in spagnolo e in francese è tutto moolto più articolato: ci sono varie regole da rispettare e l’accento diventa simbolo grafico in più occasioni, non solo quando la sillaba forte è l’ultima. Perché, vedi, è sempre una questione di sillabe forti e sillabe deboli, di apertura e chiusura della vocale, di come pronuncio quella parola o quell’altra, ecc.; insomma, almeno all’inizio, ti dovrai concentrare e sforzarti di ricordare come e quando applicare le regole, dove mettere o non mettere l’accento.

Ho deciso di scrivere questo articolo dopo aver titubato e tentennato per parecchio tempo, chiedendomi se potesse davvero essere utile, chiedendomi se effettivamente conoscere le regole che stanno alla base di tutto fosse garanzia di maggior consapevolezza linguistica e la risposta è che certezze non ne ho, ma probabilmente sì. Per me queste regole sono state utili per risolvere dubbi ortografici e fonetici senza dover per forza controllare la parola su un dizionario e mi hanno aiutata a capire, a vedere oltre, ad entrare nel sistema linguistico senza aver paura di perdermi o confondermi. Quindi, sì, alla fine ho pensato che parlarne potesse essere utile, soprattutto se hai superato le primissime fasi di apprendimento e ti senti pronto per approfondire qualche particolarità in più. Cercherò di essere chiara senza dilungarmi in tecnicismi, consapevole che queste regole potrebbero anche non adattarsi al tuo modo di imparare una lingua straniera: in tal caso, sentiti pure libero di passare oltre

Ti ho convinto? E allora, via!

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I miei servizi

1. GLI ACCENTI IN FRANCESE.

La prima cosa da specificare è che in francese ci sono tre accenti diversi:

  • L’accento acuto (accent aigu): da sinistra verso destra (“fatigué”), conferisce alla E un suono chiuso, come nella parola italiana “pera”;
  • L’accento grave (accent grave): da destra verso sinistra (“frère”), conferisce alla E un suono aperto, come nella parola italiana “vento”;
  • L’accento circonflesso (accent circonflexe): è la casetta che si metta sulla E o sulla O. Nel caso della O serve per chiudere il suono (“côte”), come in “orso”, mentre nel caso della E serve per aprire il suono (“fenêtre”), come in “aperto”. Se andiamo indietro nel tempo e osserviamo i cambiamenti fatti dalla lingua e le sue varie fasi di evoluzione e adattamento, scopriamo che l’accento circonflesso pare essere la traccia rimasta della presenza di una S, poi scomparsa, all’interno della parola; infatti, se ragioniamo partendo da questa considerazione, ci rendiamo conto che “fenêtre” corrisponde all’italiano “finestra” e che “côte” corrisponde all’italiano “costa”.

Tutti questi accenti si usano principalmente sulla E, la quale subisce delle vere e proprie modifiche di pronuncia a seconda dell’accento che la accompagna, mentre quando l’accento si trova sulle altre vocali la sua funzione principale è quella di differenziare una parola dall’altra (ad esempio “il A un frère qui vit À Paris”). In altri casi, invece, l’accento, pur essendo fisicamente presente, non ha nessuna influenza né sul significato né sulla pronuncia della parola stessa: è, ad esempio, il caso di “abîme” e “août”, anche se non è da considerare casuale il fatto che in italiano i corrispettivi siano “abisso” e “agosto” (ricordi la storiella della S sparita nel buco nero dell’evoluzione linguistica?).

Ma torniamo al nodo centrale della questione, al problema numero uno, l’accento sulla E. La E si accentua solo se si trova a fine sillaba. Cosa vuol dire? Che in parole come “père” (“pè-re”) o “cinéma” (“ci-né-ma”) la E prenderà l’accento perché si trova alla fine di una sillaba, mentre in parole come “respecter” (“res-pec-ter”) o “manger” (“man-ger”) non prenderà nessun accento, essendo in una posizione centrale all’interno della sillaba. Tuttavia, una E non a fine sillaba può essere accentata nel caso in cui la parola finisca per -ET o -ES, come visto in “près”, “dès” e “arrêt”.

Dopo le dovute precisazioni iniziali, possiamo studiare nello specifico quando l’accento deve essere grave, quando deve essere acuto e quando deve essere circonflesso.

1.1 – L’ACCENTO ACUTO. 

Regola chiara e semplice: una E con accento acuto (da sinistra verso destra, lo ricordo per i meno avvezzi alle nomenclature) può trovarsi solo alla fine di una sillaba, come nel caso di “vérité” (“vé-ri-té”), oppure vicino ad un’altra -E o ad una -S, come in “mangée” o “responsabilités”. Come devi leggere questa E? Come la E di “evviva” o “emozione”. Fai, però, attenzione, poiché una E, in francese, potrebbe pronunciarsi allo stesso modo pur non avendo nessun accento acuto, in quantoè sufficiente che la vocale in questione si trovi all’interno di una sillaba. Facciamo degli esempi: “nez” è chiaramente formata da una sola sillaba in cui la E si trova nel centro, tra due consonanti, e si leggerà esattamente come una E con accento acuto. Lo stesso accade nella parola “respecter”.

1.2 – L’ACCENTO GRAVE.

Una E con accento grave (da destra verso sinistra) è la classica E aperta. Si trova alla fine di una sillaba, ma avrà accento grave se e solo se la sillaba che segue ha al suo interno una E muta. Se prendiamo la parola “mère” notiamo che la prima E è aperta ed è a fine sillaba, mentre nella seconda sillaba vi è una E muta (che non va pronunciata, che c’è ma non si deve sentire): per questa ragione, la prima E avrà accento grave. Prendo l’occasione per ricordarti lo strano caso di verbi come “peser” o “lever”: all’infinito non hanno nessun accento -la E è vocale muta- ma, una volta coniugati, noterai che le tre persone singolari e l’ultima del plurale subiscono un cambio di pronuncia (la E da chiusa diventa aperta), cambio che va marcato anche a livello grafico, per cui, ad esempio, dovrai scrivere “je lève” e “je pèse” proprio per sottolineare la diversa pronuncia della vocale.

So già cosa vuoi farmi notare, che la nota firma di lusso Hermès ha una E con accento grave e la E in questione è nell’ultima sillaba e non vi è nessuna E successiva; prima di pensare “allora, che cacchio sta dicendo questa???”, lasciami dire che le parole che finiscono per -S fanno eccezione e che oltre al noto brand ce ne sono altre che escono dagli schemi, vedasi “procès” o “progrès”. Siccome voglio essere pignola, ti dico anche che troverai parole che, come “médecin”, presentano una E con accento acuto dove, secondo la regola, dovrebbe essercene una con accento grave. Non andare in confusione, semplicemente cerca di non incasellare tutto quello che ti passa sotto gli occhi in regole e categorie statiche, chiuse e inscalfibili, perché non tutto si può controllare e non tutto risponde ad uno schema fisso e univoco. Se accetterai questo, riuscirai a vivere anche le eccezioni con maggiore serenità, provare per credere.

Prima di passare ad un altro accento, ti voglio ricordare che parole come “ferme”, “mer” o “actuel” hanno una E aperta,seppure senza accento grave, e questo perché la E si trova tra due consonanti o tra una consonante e una vocale. Vedi, che la regola c’è, ma “te ne devi fregare se lo vuoi” (Nek docet…): non costringere una lingua ad essere una semplice questione di bianco o nero, perché non è (quasi) mai così.

1.3 – L’ACCENTO CIRCONFLESSO.

Per gli amici, è la “casetta” sopra la vocale. Come già dicevo prima, questo segno grafico è presente in parole che nel corso del lento, lungo e complesso processo di evoluzione linguistica hanno perso una S; mi riferisco a parole come “forêt” (“foresta”) o “tempête” (“tempesta”). Se vedi le cose da questo punto di vista, ti renderai conto di quanto tutto acquisisca maggior senso. Altrettanto sensato dal punto di vista meramente linguistico è l’uso del circonflesso per distinguere tra loro coppie di omonomi, ossia di parole che si pronunciano e si scrivono allo stesso modo ma che sono due cose ben distinte sia dal punto di vista grammaticale che del significato. Prendiamo il caso di “du”, preposizione articolata “del”, e del participio passato del verbo “devoir”, “dû”: cosa ci aiuta a distinguerli? L’accento circonflesso nel caso della lingua scritta e il contesto della frase in cui appaiono nel caso della lingua orale. Molto simile è il caso di “mûr” (“maturo”, aggettivo) e “mur” (“muro”, sostantivo) o di “notre” e “votre” (aggettivi possessivi) e “nôtre” e “vôtre” (pronomi possessivi).

  1. GLI ACCENTI NELLA LINGUA SPAGNOLA.

Anche per lo spagnolo bisogna fare un discorso ad hoc perché no, gli accenti non si possono mettere a caso.

Partiamo subito col precisare che, a differenza del francese, in spagnolo l’accentoSEMPRE ACUTO (accento agudo), da sinistra verso destra e MAI il contrarioappare indistintamente su tutte e cinque le vocali e sta ad indicare che la sillaba su cui cade è la più forte, quella accentata; vedi, quindi, che imparare a segnarlo correttamente ci aiuta, come nel caso del francese, ad imparare a leggere correttamente la parola. Ci sono tre regole che si basano ancora una volta sulla divisione in sillabe: scopriamole assieme.

2.1. PRIMA REGOLA: QUANDO LA SILLABA FORTE È L’ULTIMA.

Dobbiamo immediatamente distinguere due diverse categorie:

  • parola che termina con qualsiasi consonante, tranne -N o -S. Se osserviamo le parole “control”, “andaluz”, “actriz” e “rotulador”, notiamo che terminano tutte con una consonante diversa da -N o -S e che nessuna di loro ha l’accento; possiamo, dunque, facilmente dedurre che le parole con accento sull’ultima sillaba non presentano accento grafico quando l’ultima lettera è una consonante diversa da -N o -S. Se, però, la consonante in questione è una -N o una -S, le cose cambiano drasticamente, poiché la parola, in tal caso, vuole essere accompagnata da accento grafico ed è quello che vediamo in parole come “jardín”, “inglés” e “opinión”. Come puoi vedere, queste tre parole terminano per -N o per -S e hanno l’accento nell’ultima sillaba. Mi sento, dunque, di consigliarti, almeno fino a che non avrai preso confidenza e metterai gli accenti in automatico, senza nemmeno pensarci più su, di dividere la parola in sillabe -per capire quale sillaba è quella che avrebbe l’accento- e guardare sempre qual è la lettera che sta alla fine perché è proprio lei che determinerà la regola di riferimento;
  • parola che termina con vocale. La regola da seguire è la stessa che seguiresti per le parole che terminano per -N o -S; infatti, parole come “sofá”, “salió” e “jabalí” hanno accento grafico sull’ultima sillaba.
2.2. SECONDA REGOLA: QUANDO LA SILLABA FORTE È LA PENULTIMA.

Facciamo la solita distinzione:

  • parola che termina per consonante, tranne -N o -S. Concentrati sulle seguenti parole: “difícil”, “azúcar” e “lápiz”. Come avrai già notato, hanno l’accento sulla penultima vocale, che è proprio quella dove cade l’accento se le pronunci correttamente;
  • parola che termina per vocale, -N o -S. “Mapa”, “hablas” e “salennon hanno nessun accento grafico.
2.3. TERZA REGOLA: QUANDO LA SILLABA FORTE È LA TERZULTIMA.

Questo è sicuramente il più semplice dei casi: l’accento accompagna sempre la parola, indipendentemente dall’ultima lettera che la compone. Per questa ragione, parole come “música”, “régimen” o “sábado” avranno sempre la tilde, ossia l’accento grafico.

2.4. PAROLE MONOSILLABE E CASI PARTICOLARI.

Le parole con una sola sillaba non hanno mai l’accento, eccezion fatta per le coppie di monosillabi; in quest’ultimo caso, infatti, l’accento è fondamentale per distinguere una parola dall’altra. Eccone alcune tra quelle di uso più frequente:

  • EL vs ÉL: il primo è l’articolo determinativo maschile singolare, mentre il secondo è il pronome “lui”.
  • MI vs : il primo è l’aggettivo possessivo “mio, mia”, mentre il secondo è il pronome “me”.
  • SE vs : il primo è un pronome, mentre il secondo è la prima persona singolare del verbo saber.
  • QUE vs QUÉ: il primo è un pronome relativo, mentre il secondo è interrogativo o esclamativo.

Fai attenzione anche ad alcune parole che perdono l’accento nel passaggio da singolare a plurale o da maschile a femminile. Questo avviene perché, aggiungendo una o più lettere, la parola cambia il numero di sillabe e, dunque, cambia la regola di riferimento. Ti faccio due esempi per farti vedere nel concreto di cosa sto parlando:

  • Il femminile di “inglés” è “inglesa”: aggiungendo una -A, cambia il numero di sillabe e l’accento dall’ultima sillaba passa alla penultima e, come visto sopra, quando la parola finisce per vocale e l’accento cade nella penultima sillaba, la parola non sarà graficamente accentata.
  • Il plurale di “régimen” è “regímenes”: aggiungendo -ES, cambia il numero di sillabe e l’accento si sposta sulla terzultima.

 L’ultimo appunto è per gli avverbi in -MENTE. Come già saprai, si formano aggiungendo -MENTE al femminile degli aggettivi; questo significa che, se l’aggettivo ha l’accento, anche l’avverbio ce lo avrà, esattamente come accade in avverbi come “rápidamente”, “fácilmente” o “cómodamente”.


Prima di concludere definitivamente questo articolo, lascia che ti suggerisca un esercizio che potrebbe aiutarti ad acquisire sicurezza nella lingua scritta. Il classico dettato è perfetto (come pensi abbia imparato io a scrivere decentemente in francese se non con i dettati della mia docente dell’università?) e online potrai sicuramente trovarne alcuni; se, invece, preferisci lavorare partendo da un testo scritto, nelle grammatiche e in Internet troverai agilmente dei testi a cui sono stati tolti gli accenti. Mi sento di consigliarti di scegliere sempre materiale con soluzioni, soprattutto se stai portando avanti lo studio in modo autonomo: controllare e verificare eventuali errori ti aiuterà a capire dove e perché sbagli e, non da ultimo, ad autocorreggerti nel caso di errori futuri identici o simili.

Ti lascio con un link ad un mio articolo sull’uso del subjuntivo nella lingua spagnola… perché di grammatica non se ne ha mai abbastanza!

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Ci sentiamo presto… e non dimenticare di condividere!