“L’enlacement et la gesticulation des corps nus
me paraissaient une danse de mort”.

“Et, comme d’habitude,
il était impossible de déterminer
si l’avortement était interdit
parce que c’était mal, ou si c’était mal
parce que c’était interdit.
On jugeait par rapport à la loi,
on ne jugeait pas la loi”.

Ho scoperto l’opera di Annie Ernaux qualche anno fa grazie ad un articolo di Daria Bignardi. Incuriosita, ho comprato “Les années” (pubblicato in Italia da L’orma Editore col titolo “Gli anni”), libro di formazione, racconto del passaggio da ragazza a donna, da donna a scrittrice e niente, lo ho adorato. Cercando altri titoli di questa favolosa autrice mi sono imbattuta nel libro che ti presento oggi, L’événement, pubblicato in lingua originale da Gallimard e in Italia da L’orma Editore con la traduzione di Lorenzo Flabbi e il titolo “L’evento”.

L’evento del titolo è un aborto, raccontato con coraggio in un vero e proprio atto di verità. A raccontarcelo è una Annie più matura, che, attraverso la scrittura, riporta in vita tutta la drammaticità dell’evento vissuto molti anni prima in circostanze sociali e personali completamente diverse da quelle in cui si trova quando decide di scrivere questo libro. Ripercorre quei mesi disperati e ciechi, votati solo ad un’unica causa -eliminare, interrompere-, tra appunti ritrovati nei suoi diari, sensazioni che riemergono e riflessioni più o meno distaccate, più o meno individuali, più o meno assolute, mentre intesse nuovi legami col suo stesso passato e lo mette in relazione non solo con la propria esperienza di vita ma anche con il periodo storico-culturale in cui cronologicamente si inserisce. La voce della Ernaux è a tratti cruda, a tratti triste e disperata, ma sempre intensa, consapevole e sincera con sé stessa e con il lettore nel suo intrecciare abilmente racconto e riflessione, parola e silenzio in un ensemble che, senza perdere il proprio ritmo, spinge il lettore sempre più al centro della persona che è la voce narrante stessa.

Siamo abituati a parlare di aborto in punta di piedi, quasi bisbigliando, dicendo poco e tralasciando molto, perché è un tema scomodo, che tocca un nervo scoperto della nostra etica, della nostra morale, del perbenismo figlio di una cultura sociale che per anni ha visto (e in certa misura vede ancora) nell’aborto le tenebre dell’Anticristo. La tragica esperienza di Annie inizia con la ferma necessità di riprendersi la  sua vita di promettente studentessa universitaria; i medici, però, le chiudono le porte in faccia, non può contare su nessuno, non sulla sua famiglia, non sui suoi compagni di studi. É destinata -e determinata- a portare da sola il peso di questa lettera scarlatta fino all’epilogo, perché per ogni legge c’è una scappatoia e questo caso non fa eccezione: è così che Annie si ritrova ad abortire sul tavolo di una cucina in un vicolo a lei sconosciuto di Parigi.

Il racconto è brutale nella sua autenticità, nel suo equilibrio emotivo: la Ernaux ricostruisce il suo dolore, la sua paura, il suo senso di smarrimento, la sua solitudine, la sua agonia, ma senza lasciar loro la possibilità di prendere il controllo sulla consapevolezza disincantata che certi eventi sono dei riti di passaggio che marcano un prima e un dopo nelle nostre vite e le segnano in modo fermo ed indelebile. Quello che dobbiamo imparare a fare non è tanto soffocare il rimpianto di ciò che non è andato come avremmo voluto, pentirci e struggerci nell’amarezza, quanto accettare ciò che effettivamente è stato; sente di dover andare fino in fondo, racconta l’inizio e la fine di questa vicenda, ma non tralascia il percorso intermedio, concedendosi alla pagina in un atto femminista sincero e lucido. La sua scrittura è essenzialmente femminile, un bisogno espressivo e comunicativo più che una risposta ad un impeto creativo fine a sé stesso; con franchezza ed onestà, con durezza e delicatezza, ci parla di aborto in modo viscerale e autentico, affinché si sappia che essere esseri liberi significa non subire condizionamenti, non essere giudicate per come decidiamo di vivere la nostra vita nel momento in cui facciamo delle scelte così personali e che nessuna legge dovrebbe essere accettata come tale nel momento in cui impedisce al singolo individuo di decidere cosa essere o cosa non essere nella propria vita. Analizza “l’evento”, entra nel suo passato per lasciare che la scrittura lo riporti in vita, un po’ per esorcizzare, un po’ per dare un senso e una direzione a quanto ha vissuto sulla propria pelle: proprio grazie alla scrittura potrà rivivere quanto accaduto, dare sfogo ad una necessità di raccontarsi per ritrovarsi e mettere assieme i pezzi di quel puzzle che è la vita. Niente di quello che ci accade, soprattutto se così significativo, dovrebbe accadere invano: grazie alla sua decisione di non tacere, altre donne avranno la possibilità di ritrovarsi nella sua voce e riconoscere un po’ della loro soggettività in quella di Annie.

La Ernaux, leggendosi e lasciandosi leggere, ci porta nella posizione scomoda di chi (si) mette in discussione, della donna disperata che lotta per proteggersi da qualcosa che non era previsto e che non è ancora il momento di accettare passivamente senza aver -almeno- provato a spostare il corso degli eventi su una strada che non sia a senso unico. Si svela al lettore e contemporaneamente anche a sé stessa, analizza e si analizza senza mai cadere nell’inutile rimpianto, ma anzi, cercando (e trovando) disperatamente una lezione di vita, dando senso a quanto le è accaduto. La sua scrittura taglia la pagina, sempre così densa di vita ed esistenza; è potente, viscerale ma controllata, salvifica, una sorta di seduta di psicoterapia, una di quelle in cui scavi a fondo per poter mettere a fuoco presente e passato e smetterla di vederli come due entità separate da una netta linea di demarcazione. Dà alla sua scrittura così personale una sfumatura corale e rende questo piccolo libro qualcosa di più potente di una semplice autobiografia, poiché lo trasforma nel racconto di un tassello di storia attraverso gli occhi di una testimone diretta, lei stessa, destinata a diventare portavoce di tutta una generazione di donne. In questo modo porta alla luce la stupidità di una legge castrante ed umiliante per la libertà delle donne, costrette alla clandestinità per potersi permettere il lusso di scegliere per se stesse. Riflette (e noi assieme a lei) su quanto fosse (e sia) necessario mettere in discussione la legge e il sistema sociale che l’ha generata prima della donna che la infrange in nome della libertà personale: non avere vie d’uscita ci condanna allo sconforto e/o all’infelicità. Da madre e donna dico che di parole sincere come quelle della Ernaux abbiamo terribilmente bisogno per smettere di giudicare, per illuminarci ed accettare una volta per tutte che alcune cose si capiscono profondamente solo quando le si vive in prima persona.

Per quanto riguarda la lingua, puoi decidere di leggere questo libro in francese se hai superato le fasi iniziali; non serve che tu possieda le conoscenze di un parlante esperto, il lessico e la sintassi non sono né troppo ricercati né esageratamente articolati.

Ci sentiamo presto… e non dimenticare di condividere!